Il re e il presidente

il re e il presidente

 Il re e il presidente sono stati legati da una profonda amicizia. Il re è Juan Carlos, il presidente è Sandro Pertini, il Capo dello Stato più amato, stimato, rispettato. Ma come è nato il rapporto fra il re di Spagna messo sul trono dal franchismo e un anziano signore italiano, esiliato in Francia dal fascismo, per anni prigioniero politico in un’isoletta persa nel Mediterraneo, quindi partigiano e poi membro di spicco della Costituente, deputato per lungo tempo, presidente della Camera e infine, quasi al termine della sua esistenza, presidente della Repubblica Italiana. Il più amato, il più rimpianto.
Eppure quel signore, che si chiamava Sandro Pertini, un giorno afferma, con il suo caratteristico franco parlare: “se avessi un figlio vorrei assomigliasse a Juan Carlos”. Un’affermazione che colpisce soprattutto perché viene spontanea da un personaggio che mai nella sua vita ha avuto inclinazioni monarchiche, anzi tutto il contrario. Pertini dichiara di provare nei confronti di Juan Carlos una grande simpatia personale per non parlare poi della stima nei suoi confronti come uomo politico coraggioso e abile.

La Spagna occupa un posto speciale nel cuore di Sandro Pertini e a cinque anni dalla morte del Caudillo lo stato spagnolo è un elemento portante nella sua visione europeista. La sua visita nel 1980 dunque è una sorta di incoraggiamento a proseguire per la strada intrapresa. Chi meglio del grande protagonista della Resistenza europea può testimoniare e suggellare la metamorfosi liberalizzatrice di questa nazione? Durante un pranzo a tre alla Zarzuela (Juan Carlos, Pertini e Sofia) il Presidente ed il re approfondiscono una conoscenza iniziata nel 1978 a Roma in occasione della visita per l’ascesa al pontificato di Giovanni Paolo II. “Tra il vecchio socialista e il giovane erede dei Borboni si è stabilita immediatamente una viva corrente di simpatia – ricorda Michelangelo Jacobucci, allora capo del servizio stampa del presidente – A Pertini, espansivo, ma non sempre facile nelle preferenze personali era andato subito a genio questo atletico giovanotto che aveva saputo uscire dalla gabbia di quasi quaranta anni di ferrea educazione di caserma per trovare accenti di politico moderno e lungimirante”.

“E’ un uomo che emana lealtà da tutta la sua persona” dice Sandro Pertini del capo dello stato spagnolo. “Una simpatia – continua Jacobucci in un libro dedicato al presidente – fatta però non soltanto di affinità personali. C’è al fondo l’apprezzamento politico. Questo re Borbone, ma non ‘borbonico’, che ha l’aspetto e il comportamento di un hidalgo del passato, ha saputo dare radici autenticamente popolari al trono, con apertura mentale e coscienza dei tempi”.

I reali di Spagna incontrano di nuovo Pertini in occasione di una riuscita visita ufficiale in Italia, dal 28 al 30 aprile 1981. “Era quasi all’indomani del fallito golpe – scrive ancora Jacobucci – e Pertini era stato il primo a telefonare al re per congratularsi dello scampato pericolo”.

Nel corso del banchetto ufficiale al Quirinale, il Presidente ricorda quei momenti di ansia accanto alla radio: “la democrazia fu salva in Spagna per merito suo, Maestà. Sentii subito il bisogno di mettermi in contatto con lei: la nostra fu una conversazione esaltante, per me, che ho dedicato tutta la vita alla lotta per la libertà”. Il sovrano replica che “gli spagnoli, uomini d’onore, non dimenticano i gesti amichevoli di chi tende loro generosamente la mano”.

In Spagna Pertini torna, a sorpresa, un anno dopo su invito diretto ed informale del re. L’Italia sta per incontrare la Germania Federale nella finale dei Mondiali di Calcio del 1982 e Juan Carlos offre al Presidente un posto nella tribuna d’onore del Santiago Bernábeu di Madrid. L’intesa fra Pertini e Juan Carlos appare evidentissima a netto discapito dell’altro ospite, l’allora cancelliere tedesco Helmut Schmidt. I novanta minuti di gioco sono particolarmente curiosi anche per chi di calcio non si interessa, perché lo spettacolo, oltre che sul campo, si svolge anche nella tribuna dove Sandro Pertini, eccitato e felice, dimentica il protocollo e considera il suo vicino uno sportivo qualunque con il quale condividere la gioia per i goal dell’Italia e l’esaltazione per la vittoria finale. L’immagine fa parte dei documenti che ricordano quell’impresa sportiva tanto celebrata: il vecchio partigiano che abbraccia il giovane re, il quale per nulla sorpreso o infastidito, ma anzi conquistato da tanta spontaneità non solo lascia fare, ma ricambia con entusiasmo.

Che due uomini così lontani per età ed esperienze, ma dotati entrambi di un carattere estroverso e di una grande spontaneità nei rapporti umani, fossero fatti per intendersi era prevedibile, ma non scontato. Pertini e Juan Carlos continuano a frequentarsi fino alla morte dell’ormai ex presidente. Nell’aprile 1983 tutta la famiglia reale è ospite del Presidente per una colazione privata al Quirinale, l’8 giugno del 1984, approfittando della partecipazione del sovrano ad una conferenza della FAO, Pertini se lo porta in una trattoria di Trastevere.

Nel febbraio 1985 Sandro Pertini, che allora ha 88 anni, viene invitato a Madrid per ricevere dall’Università Complutense una laurea honoris causa; il Presidente è naturalmente ospite della famiglia reale, pranza con il re in un locale tipico e poi si concede una passeggiata sottobraccio al sovrano, nel pomeriggio parla di democrazia e libertà all’università e poi, infaticabile, cena in un ristorante della città vecchia.

Una familiarità sorprendente che viene rilevata con stupore dai biografi del re e da quelli del Presidente. “Tra i tanti rapporti di amicizia niente uguaglia lo slancio che spinge Juan Carlos verso l’ex presidente della Repubblica Italiana, Sandro Pertini”, scrive nel 1986 Françoise Laot. Fra il re e il presidente il rapporto è quello che potrebbe esserci tra un nonno e un nipote. “L’adoro – confessa il sovrano – perché alla sua età fuma la pipa, ama bere del buon vino, adora la vita e parla di tutto con grande entusiasmo. E’ un vulcano e ha l’energia di un ragazzo”.

Ma, conclude Jacobucci, “l’idea più vivida del livello di simpatia e calore al quale sono pervenuti i loro rapporti la offre il telegramma che in reali di Spagna hanno inviato al Presidente per un suo compleanno. Non uno dei soliti messaggi ufficiali che il servizio diplomatico redige a nome di un capo di Stato, ma decisamente di quelli che si riservano solo agli amici di vecchia data: ‘Recordandote con mucho carino en tu compleano te enviamos con nuestras felicitaciones un fuerte abrazo. Juan Carlos Sofia’ ”.

Indro Montanelli ha scritto: “Non è necessario essere socialisti per amare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”.

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