Zita, l’ultima imperatrice
Nei giorni scorsi è nata una piccola Zita di Borbone-Parma – figlia del principe Jaime e di sua moglie Vicktoria – e mi sono ricordata che il post scritto in occasione dei cento anni dalle nozze dei futuri sovrani d’Austria non aveva mai avuto il seguito promesso. Eccolo qua, in omaggio alla nuova Zita del XXI secolo.
È dai tempi di Giuseppe II che una Borbone Parma non entra nella famiglia imperiale austriaca e anche questa volta, come nel caso di Isabella si tratta di una donna fuori dal comune, come i tragici eventi degli anni successivi e nel complesso tutta la sua lunga vita dimostreranno ampiamente.
Zita l’ultima imperatrice
Zita, nata il 9 maggio 1892 a Pianore in provincia di Lucca, ha sangue italo-francese da parte del padre e portoghese, dal lato materno, e vive sei mesi all’anno in Austria insieme alla sua sterminata e variopinta famiglia. Suo padre, il duca Roberto si è sposato due volte ed entrambe le consorti gli hanno dato dodici figli e sei di quelli di primo letto sono gravemente disabili, ma non vengono allontanati, anzi sono curati, viziati e collocati da tutti gli altri e in particolare dalla seconda moglie che li ama come se fossero suoi. Per l’epoca sono degli originali, ma questo atteggiamento di comprensione e affetto nei confronti dei più deboli segna profondamente la principessa che è la diciassettesima della nidiata. Zita racconterà di avere vissuto «un’infanzia straordinariamente felice». «Eravamo certamente un bel miscuglio e nonostante la differenza di età ci siamo sempre considerati e sentiti una sola famiglia. Il fatto che fossimo nati da madri diverse non faceva differenza e questo era dovuto soprattutto ai miei genitori che ci trattavano tutti nello stesso modo. Liti e capricci si verificavano molto di rado e mio padre che era la bontà e la gaiezza fatta persona, dirigeva ogni cosa con mano ferma ma leggera».
I Borbone-Parma a Pianore
Un’infanzia e un’adolescenza così serene, protette ma piene di valori, fa di Zita una donna forte, pacata e fiduciosa del prossimo e la famiglia di origine così solida e unita sarà sempre per lei un grande punto di riferimento. I Borbone Parma trascorrono metà dell’anno in Italia (dove Umberto I li lascia vivere senza particolari problemi perché l’ex duca regnante ha rinunciato a qualsiasi tipo di rivendicazione) e gli altri sei mesi in una grande villa a 60 chilometri a sud di Vienna. Roberto se lo può ampiamente permettere: è molto ricco, lo zio materno il conte di Chambord (quello che i legittimisti francesi chiamano Enrico v) gli ha lasciato un patrimonio enorme, all’epoca una delle più grandi fortune d’Europa fra cui, appunto, il castello di Chambord e le sue terre. Il duca di Parma, intelligente, colto, appassionato di storia e arte, proprietario una biblioteca immensa e grande lettore, è anche un cattolico fervente e trasmette ai figli questa sua fede senza dubbi e tentennamenti fatta di preghiere e azioni. Ogni anno Roberto distribuisce il 10% delle sue rendite ai poveri e tutti i ragazzi, i maschi come le femmine, si impegnano in opere di carità perché sanno che devono sempre pensare anche agli altri. Questa è la principessa che l’erede in seconda al trono imperiale austriaco incontra verso il 1909. L’arciduca è teoricamente lontanissimo dal trono, ma un plotone di esecuzione nel lontano Messico, un suicidio a Mayerling, uno zio che si sposa contro le regole e un padre libertino e pieno di vizi che muore anzitempo, lo avvicinano pericolosamente alla successione. Karl è affascinante, ma anche molto modesto, gentile, tollerante e la sua fede è ardente quasi quanto quella di Zita. Nel primo decennio del ‘900 lui è indubbiamente il miglior partito d’Europa e sa che non deve, non può fare passi falsi, le speranze della dinastia poggiano tutte sulle sue spalle. Certo ci sono decine di altri discendenti dell’imperatrice Maria Teresa, ma Karl discende da un fratello di Francesco Giuseppe e l’anziano imperatore vuole qualcuno della sua famiglia stretta. Zita è praticamente perfetta per età lignaggio, religione. Sanno di essere la scelta ideale l’uno per l’altra, ma sono anche molto attratti perché si completano a vicenda. Lei è vivace, ha una forte personalità e riesce a guardare davanti a sé con molta chiarezza; lui è flemmatico, arrendevole, pieno di fiducia negli altri.
Zita e Carlo
In effetti i due si conoscono praticamente da sempre, ma è in casa di Maria Teresa di Braganza, sorella della madre di Zita e terza moglie del nonno di Karl, che si rivedono da adulti e cominciano a guardarsi in modo diverso. L’arciduchessa è una persona di notevole spessore, una donna angelica, con un gran cuore, inoltre è lontana dagli intrighi di corte, ma molto influente presso l’imperial cognato proprio per il carattere e la bontà. Maria Teresa è, inoltre, molto sentimentale, ama aiutare gli innamorati e ha capito che il giovane arciduca non è insensibile al fascino della bruna principessa italiana. Le sue visite in casa della “nonna” si fanno più frequenti e lunghe quando c’è Zita e dato che l’Imperatore cerca una moglie per Karl fa in modo che le cose procedano in fretta. Il giovanotto infatti è molto timido e va in qualche modo aiutato. I due si vedono ancora il 16 gennaio 1911 a Vienna al ballo per il debutto in società della principessa, ballano insieme ma non accade nulla ed è allora che l’arciduchessa Maria Teresa decide di dare una spinta agli eventi: a maggio li invita tutti e due nel suo castello in Stiria e lì finalmente Karl si dichiara.
Il fidanzamento è annunciato ufficialmente il 13 giugno; il 22 dello stesso mese Karl va a Londra per rappresentare il pro zio alla cerimonia per l’incoronazione di Giorgio v e alle feste evita di ballare e a chi gliene chiede il motivo mostra orgoglioso la foto di Zita.
Da quel momento in poi le cose fra loro vanno molto in fretta, le nozze a Schwarzau in ottobre, il primo figlio esattamente un anno dopo. La vita serena di questa coppia felice e innamorata finisce improvvisamente quando arriva la notizia che il principe ereditario Francesco Ferdinando e la moglie Sophia, sono stati assassinati a Sarajevo. «Eravamo annientati» ricorda Zita. Fino a quel momento fra loro e il trono, occupato da un ultraottantenne, c’era un uomo vigoroso di una cinquantina d’anni e mai e poi mai avrebbero pensato che la responsabilità della corona sarebbe arrivata così presto, così all’improvviso e in un momento tanto drammatico. Ma Zita, per la quale il senso del dovere viene prima di qualsiasi altra cosa è lì pronta a sostenere il marito e a condividere con lui il peso di questo ruolo. A differenza di Francesco Giuseppe, Karl ha la straordinaria fortuna di avere accanto una moglie innamorata che non lo lascerà solo per un attimo, sono sodali e uniti in tutto. Zita è decisamente una donna fuori del comune, colta, si interessa di politica, ha molto spirito, unito a un notevole acume e a una buona dose di perspicacia; è veloce e chiara nei giudizi, nel pur breve periodo di regno, il suo peso accanto al marito è innegabile. Inoltre questa coppia, è unita non solo dall’amore, ma anche da una fede profonda: saranno sovrani, ma sempre sotto lo sguardo di Dio.
I loro ideali sono severi: i principi si devono dare agli altri, non sono nati per se stessi, ma per servire l’Austria-Ungheria. Prima di avere dei diritti l’uomo ha dei doveri, i sovrani anche più degli altri. Il rigore e l’alto senso morale di quest’uomo e di questa donna si scontreranno con il dramma di una guerra mondiale e di un impero in disfacimento e anche il loro disperato tentativo di concludere una pace separata , il celebre e controverso “affare Sisto” , che avrebbe accorciato il conflitto e risparmiato migliaia di vite umane, finirà in un nulla di fatto.
Zita, Carlo e sette dei loro figli
In un certo senso Karl e Zita saranno le vittime sacrificali, condannati a pagare per colpe che non hanno. Le potente alleate si accaniranno contro questo giovane ultimo imperatore d’Austria, esiliato a Madera con tutta la famiglia. Karl sarà praticamente abbandonato in miseria con la moglie incinta e sette bambini, mentre l’ex kaiser tedesco Guglielmo ii si è confortevolmente sistemato in Olanda.
Sono passati poco più di dieci anni dal giorno felice delle nozze a Schwarzau quando Karl muore, triste, solo e infelice a soli 34 anni. La causa ufficiale è una pneumonia, ma l’erede degli Asburgo ha perso la voglia di vivere. Zita ha 30 anni e aspetta il loro ottavo figlio; quando capisce che per il marito non ci sono più speranze va a cercare il primogenito, l’erede, perché possa vedere il padre per l’ultima volta. «Indossava un abito rosa, dopo quel giorno non l’ho più vista con un abito colorato», ha ricordato Otto d’Asburgo al quale poco dopo la madre fa una profonda riverenza. Adesso l’imperatore in pectore, il depositario della tradizione imperiale e della storia della dinastia è un ragazzino di dieci anni.
Zita ora è sola su questa terra, ma la sua storia d’amore con Karl non è finita. L’ultima imperatrice vivrà altri 67 anni nel ricordo dell’uomo amato, consacrandosi all’educazione dei loro figli. La fede continuerà ad essere il faro della sua vita, insieme a una serena e coraggiosa determinazione che trasmette alla numerosa prole. La ex sovrana, che nei brevi e tragici quattro anni di regno aveva dato prova di un notevole acume politico, di una forza stupefacente e di una energia fuori del comune, nei decenni a venire dimostrerà di che pasta è fatta. L’inflessibile Zita non mostrerà mai segni di debolezza e di cedimento, resisterà a tutte le prove, alle difficoltà economiche e politiche, inculcherà in questi piccoli esuli il senso del dovere e della responsabilità, incitandoli a costruire la loro esistenza sul valore della tradizione e non di una ambizione fine a se stessa. Otto, evita di giocare all’imperatore in esilio, ma studia, si laurea brillantemente e avrà un ruolo non da poco durante il secondo conflitto mondiale e la lotta al nazismo, nel dopoguerra decide di mettere le sue conoscenze e la sua cultura al servizio dell’Europa diventando uno dei membri più rispettati e stimati del parlamento di Strasburgo.
Zita muore nel 1989 e l’Austria, che le aveva riaperto le frontiere solo sette anni prima, le tributa gli onori dovuti a una ex imperatrice.
La prima parte del post è qua http://bit.ly/2z828wj
Qualche tempo fa l’amica e lettrice Nicole mi ha gentilmente inviato le foto di un suo viaggio a Madera, questo post mi sembra un’occasione perfetta per pubblicare insieme alle sue impressioni sull’isola.
Sono arrivata alla chiesa di Nossa Senhora do Monte in un pomeriggio ventoso e assolato e ho notato numerose persone che , con mazzi di fiori coloratissimi,si dirigevano alla chiesa: ho pensato ad un matrimonio o a un battesimo. Si trattava invece di un funerale. Per rispetto alla funzione in corso ho atteso fuori e ammirato Funchal, la capitale, che si stendeva sotto di me e sotto il vigile sguardo di Carlo II: da qualche anno, difatti,una statua di bronzo di bella fattura è stata eretta davanti alla chiesa e lui è veramente regale col manto imperiale drappeggiato in bronzo e con un libro nella mano sinistra( verosimilmente una Bibbia).
Alla fine del funerale vidi tutte le persone uscire con questi fiori colorati sul braccio : non avevo mai visto un funerale a quelle latitudini , sembrava una festa. A piedi si son diretti in un piccolo cimitero lì vicino e ho pensato a come poteva essere stato il funerale dell’ultimo imperatore del Impero di Austria e del Regno Ungheria in quel lontano 1921. Carlo i è sepolto nella Chiesa, una sarcofago di metallo scuro ,semplicissimo, in un angolo insegne e nastri con scritte in ceco e in tedesco, credo fossero anche degli ex voto. Il feretro di Carlo i arrivò alla Chiesa dalla parte opposta a quella imboccata dalle persone che ho visto io, un cammino credo di una ventina di minuti: dal piazzale , a sinistra, si può vedere la entrata di quella che ora viene chiamata Quinta do Imperador. Il giardino o, meglio, il parco della ultima residenza di Carlo e Zita è qualcosa di meraviglioso anche in epoca invernale, è pur sempre un inverno quasi tropicale.
Il parco fu voluto e sognato da un giovane e ricco inglese che si innamorò del posto,alla fine del XVIII secolo. Spese una follia per il suo sogno e alla sua morte passò tutto ad un fratello che nel frattempo si era appassionato a piante e isola. I vari passaggi di proprietà si vedono dall’impianto del giardino, che è veramente particolare, ha anche un laghetto, delle aiuole curatissime e grandi alberi di pregio. Uno dei proprietari, tale Malakoff , vi costruì una torre ( vedi foto) : sotto il panorama su Funchal a perdita d’occhio: in stagione alta lì c’è un bar ed esiste la possibilità di sedersi sotto una tensostruttura permanente, un poco brutto. Lasciatemelo dire. Alla fine, verso il ‘900 fu acquistata la proprietà da una facoltosa famiglia di banchieri madeirensi, i Machado.
Fu uno di loro che rese disponibile la sua proprietà per la famiglia di Carlo e Zita quando furono raggiunti dai figli. Infatti all’inizio Carlo visse in una dependance dell’hotel Reid attualmente demolita. Una decina di anni fa tutta la proprietà è passata allo Stato, ovvero alla Regione autonoma di Madeira, che aveva pensato di metterci anche una sede dell’università o degli uffici, ma nulla è stato fatto. La crisi economica portoghese in generale e della regione autonoma in particolare hanno fatto sì che il tutto restasse senza alcuna manutenzione. La casa , di quel color ocra stinto dagli anni, presenta molte macchie di umido, muffe verdastre, quando non si vedono addirittura pezzi di intonaco che, caduto, lascia incannucciati a vista, come nella foto della pensilina all’entrata. Tutte le finestre sono “ murate” da paratie verdi, vecchiotte pure loro.
Indubbiamente la vista è spettacolare. Nel parco vi son due dependances ben ristrutturate che accolgono delle bellissime foto della famiglia di Zita e Carlo, dei bambini, foto veramente molto dolci con questi bimbi che giocano e ridono. Vi sono anche le foto della visita di Otto e di Zita, nel 1968, accolti dalla famiglia Machado. Che dire? Un posto paradisiaco per clima, colori e odori reso però triste dall’incuria. Piccolo particolare: Carlo e famiglia avevano davanti ai loro occhi la Chiesa do Monte, giusto un poco a destra. Certo non pensava che lì ci sarebbe stato per sempre.