Lady D nuda e cruda

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Non è stato facile per Tina Brown, giornalista di lungo corso e vaste esperienze, mettere lady D a nudo e crudo, però il risultato è degno di nota. Anzi, secondo me questa è la migliore biografia mai scritta sulla sfortunata e triste principessa del Galles e anche se non è certo una novità editoriale ve la ripropongo, senza un vero motivo, oggi. In realtà un motivo ci sarebbe, stamani girovagando su Instagram ho scoperto un profilo dedicato lady Diana (@princess.Diana.forever) nel quale sono raccolte centinaia di foto anche poco note di questa donna che tanto ha fatto parlare di sé. La recensione che segue è uno dei primissimi post del blog.

Premessa fondamentale: non so una fan di Lady D. Faccio parte di quella schiera di persone che, pur con tutto il rispetto dovuto ad una persona morta, ha cercato di valutare le sue azioni nel complesso. Ok quindi benissimo l’impegno umanitario, l’attenzione ai diseredati, l’adesione alla campagna sulle mine antiuomo, ma per favore non dimentichiamo tutto il resto. Cioè la donna manipolatrice, instabile e dalla personalità multipla. La quale, fra l’altro, nel vespaio che poi è diventata la sua vita, ci si è cacciata da sola. Da punto di vista editoriale la breve esistenza e le mirabolanti imprese di lady Diana Spencer principessa del Galles, sono state una miniera d’oro. In questi anni ho letto quasi tutto, perché la storia, ammettiamolo, è intrigante, ma ne sono uscita sempre profondamente delusa. Per questo motivo avevo rimandato sine die l’acquisto di “Lady Diana chronicles” di Tina Brown, ma alla fine l’uscita in edizione economica mi ha convinta a fare l’investimento

Il libro è una inchiesta in puro stile giornalistico e, soprattutto, è obiettivo. Lady D. non ne esce come una santa, né come una psicopatica, ma l’analisi attenta e profonda del suo back ground ci consente di capire molti aspetti, apparentemente inspiegabili, della sua intricata personalità. Imprescindibili (e per la prima volta accuratamente relazionate anche ad un pubblico di profani) le valutazioni sui complessi riti sociali e di casta dell’aristocrazia inglese della quale lady Diana era un prodotto. Educata con l’obiettivo del “matrimonio perfetto” e con il mito della famiglia reale, Diana si è inventata un amore che non esisteva e si è trovata rinchiusa in una vita non di suo gradimento. Non intellettuale, poco colta, ma abilissima nelle p.r. si è quindi costruita una magnifico culto della personalità, perseguito con accanimento fino all’ultimo giorno della sua vita. Ma c’è di più il libro su lady Diana non è solo il resoconto, spesso impietoso, di quello che è successo a una giovane principessa che ha visto il suo principe trasformarsi in rospo. È lo spaccato di un decennio in cui la violazione sistematica della privacy è diventata il rovescio della medaglia della fama e della celebrità. «È stata Lady Diana a dare l’avvio a questo fenomeno, nel 1995, con la coraggiosa intervista televisiva concessa a Martin Bashir della Bbc. Ha detto alla famiglia reale inglese che era distante dalla gente. Nessuno si era mai permesso, prima, di criticare in pubblico la regina d’Inghilterra», ha spiegato la Brown in una intervista. Ci vuole talento (la Brown che fu giovanissima direttrice di Vanity Fair e poi del mitico “The New Yorker”) determinazione e passione non comune per il giornalismo per prendere una vicenda saccheggiata dalla presse scandalistica, già raccontata da maggiordomi, astrologhe, segretarie, ex amanti, e trasformarla in una storia magnetica, forse scioccante, dai risvolti di una modernità inquietante.

 

In questo caso la storia è tragica, ma per chi volesse capirne di più sul mondo da cui Diana proveniva consiglio di leggere “Snob” di Julian Fellowes (si proprio lui, quello di Downton Abbey già premio Oscar per Gosford Park) un romanzo irresistibile e piacevole che celebra lo snobismo inglese e il “futile mondo di duchi e duchesse, marchesi e governanti”.

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